Linguaggio inclusivo in azienda
L'inclusività è un tema sempre più importante, ed a maggior ragione nelle aziende dove si passa la maggior parte del tempo, si deve riuscire a dare il proprio contributo quotidiano.
Ma cosa s’intende con questa parola? Maggiore capacità di ascolto, accoglienza, rispetto e una più aperta convivenza tra le identità o diversità che esistono in qualsiasi azienda.Può capitare, durante una chiacchierata, di utilizzare termini inappropriati che possono passare sotto al radar della consapevolezza, perche sembrano "battute", ma se ci si ferma un attimo a pensare si può capire facilmente che alcune persone/colleghi con cui ci stiamo rapportando, potrebbero sentirsi offesi.Pensiamo anche ai commenti che potrebbe capitarci di fare o ascoltare relativamente all’età delle persone: “Per essere giovane è molto professionale!”, oppure “Il profilo è interessante, però a 45 anni non so dove sia possibile inserirlo”.
Sono solo un paio di esempi di come, spesso involontariamente, diffondiamo ageismo nei contesti di lavoro: cioè forme di discriminazione nei confronti delle persone, sulla base della loro età anagrafica. Alta o bassa che sia. L’uso di un linguaggio ageista rischia di rinforzare aspettative, stereotipi e visioni desuete sulle persone, semplicemente perché le assegniamo a una determinata fascia d’età.La buona notizia è che con un po’ di allenamento possiamo usare il nostro linguaggio in azienda in modo più consapevole e rispettoso.
- Chiediamoci il più possibile cosa intendiamo, cosa stiamo realmente trasferendo con il nostro linguaggio.
- Portare la nostra attenzione su ciò che provochiamo e non solo su ciò che diciamo o scriviamo, può favorire un’attenzione a tutto tondo sul nostro linguaggio.
- Se vogliamo che qualcosa cambi, dobbiamo iniziare da noi. Ognuno può fare la sua parte, iniziando a lavorare sul proprio linguaggio, senza aspettare che qualcuno ci dica quando e come farlo.La fonte di questo pensiero la trovate qui
L'inclusività è un tema sempre più importante, ed a maggior ragione nelle aziende dove si passa la maggior parte del tempo, si deve riuscire a dare il proprio contributo quotidiano.
Ma cosa s’intende con questa parola? Maggiore capacità di ascolto, accoglienza, rispetto e una più aperta convivenza tra le identità o diversità che esistono in qualsiasi azienda.
Può capitare, durante una chiacchierata, di utilizzare termini inappropriati che possono passare sotto al radar della consapevolezza, perche sembrano "battute", ma se ci si ferma un attimo a pensare si può capire facilmente che alcune persone/colleghi con cui ci stiamo rapportando, potrebbero sentirsi offesi.
Pensiamo anche ai commenti che potrebbe capitarci di fare o ascoltare relativamente all’età delle persone: “Per essere giovane è molto professionale!”, oppure “Il profilo è interessante, però a 45 anni non so dove sia possibile inserirlo”.
Sono solo un paio di esempi di come, spesso involontariamente, diffondiamo ageismo nei contesti di lavoro: cioè forme di discriminazione nei confronti delle persone, sulla base della loro età anagrafica. Alta o bassa che sia. L’uso di un linguaggio ageista rischia di rinforzare aspettative, stereotipi e visioni desuete sulle persone, semplicemente perché le assegniamo a una determinata fascia d’età.
La buona notizia è che con un po’ di allenamento possiamo usare il nostro linguaggio in azienda in modo più consapevole e rispettoso.
- Chiediamoci il più possibile cosa intendiamo, cosa stiamo realmente trasferendo con il nostro linguaggio.
- Portare la nostra attenzione su ciò che provochiamo e non solo su ciò che diciamo o scriviamo, può favorire un’attenzione a tutto tondo sul nostro linguaggio.
- Se vogliamo che qualcosa cambi, dobbiamo iniziare da noi. Ognuno può fare la sua parte, iniziando a lavorare sul proprio linguaggio, senza aspettare che qualcuno ci dica quando e come farlo.
La fonte di questo pensiero la trovate qui